Hanno “gonfiato” i prezzi della benzina, aumentandoli in maniera ingiustificata. A rimetterci, come sempre, gli utenti finali e quindi i consumatori. Sette compagnie petrolifere sono finite nel mirino della Guardia di Finanza, e dovranno ora rispondere del “rialzo fraudolento dei prezzi dei carburanti attraverso manovre speculative”.
Si tratta di Shell, Tamoil, Eni, Esso, Total Erg, Q8 e Api, tutte coinvolte nell’inchiesta partita dalla Procura di Varese, poi “rimandata” alla procure di Roma e Milano, che ora hanno ricevuto gli atti per competenza, visto che si tratta di compagnie petrolifere nazionali. L’indagine che mette nel mirino le più importanti compagnie italiane, accusate di aver fatto schizzare alle stelle i prezzi di benzina e diesel, è partita un anno fa grazie ad una segnalazione del Codacons dopo i continui rialzi dei prezzi del carburante. A quel punto sono stati chiesti, alle compagnie petrolifere interessate, la documentazione che riguardava l’origine e l’andamento dei prezzi dei carburanti e dei motivi delle variazioni in aumento e in diminuzione tra il gennaio 2011 e marzo 2012. Una volta esaminati i documenti, la Guardia di Finanza ha messo a confronto i prezzi italiani con quelli degli altri Paesi dell’Unione europea nello stesso periodo. Da qui la sorpresa: i prezzi medi in Italia erano ben più alti dei prezzi europei. La causa è stata trovata “nell’inadeguatezza della rete distributiva”. Non solo. Le indagini della Guardia di Finanza hanno accertato che la causa principale dell’aumento dei prezzi di benzina e diesel nel periodo in questione era dovuto al ruolo molto rilevante dei fondi di investimento in commodity, ossia materia prime come petrolio, rame, argento, oro e gli ETF sul petrolio, ossia fondi indicizzati quotati in borsa. Questi, essendo fortemente influenzati da azioni speculative, hanno attratto ovviamente investitori che sono stati in grado di determinare un aumento del prezzo del petrolio. D’altro canto, sono riusciti a determinare un intervento speculativo da parte delle compagnie petrolifere attraverso operazioni finanziarie con strumenti di finanza derivata finalizzati al mantenimento di prezzi elevati sui mercati del greggio di loro proprietà. Il tutto, ovviamente, ai danni dei consumatori, che si sono visti schizzare i prezzi dei carburanti.